lunedì 4 novembre 2013

Il mio problema: assecondare sempre la volontà degli altri.

Da sempre, o meglio da quando ho coscienza di me, sento di essere solo al 70% del mio essere. Ho sempre una forte sensazione che mi manca qualche cosa, che devo ancora capire un perché che non so nemmeno quale e comunque sono insoddisfatto di me.
Molte volte mi dico che il problema è la mia insicurezza, altre che non sto facendo quello che vorrei della mia vita, altre ancora che non so dire di no, ma questo è correlato al primo motivo. Comunque mi sento succube degli altri, non riesco a dire di no e a gestire i conflitti. Quando subisco gli altri sono bravissimo a trovare in quel momento la perfetta giustificazione perché è giusto dire di si, assecondare la volontà degli altri o perché non devo dire la mia ed arrabbiarmi. Ovviamente passano 10 minuti e inizio a rimuginare sul fatto che non sono stato capace di impormi e via così in una spirale negativa di insicurezza, senso di colpa nei miei confronti, il peggiore, e sensazione di fallimento. 
Mille volte mi dico che così è sbagliato, che devo cambiare e che è facile farlo basta dire quello che penso ma poi immancabilmente arriva il momento del confronto e in automatico subisco la situazione. Ed è inutile dire quello che penso, perché in quei momenti sono totalmente convinto che sia giusto così, che sia giusto assecondare la volontà degli altri. Lasciare che gli altri decidano anche per me.
Una sfumatura di questo problema, è la mia incapacità di dire di No. Piccola sfumatura ma con grandi conseguenza. Molte volte mi trova a fare cose per o al posto di altri, mi trova a prendermi delle responsabilità che non mi competono. 
Alla fine la mia vita è governata da altri, ed è così da sempre. Faccio il lavoro in cui mi ha indirizzato mio padre, ho sposato la donna che voleva sposarmi. Drasticamente qualcuno ha sempre scelto per me.  
Una dimostrazione di questo mio atteggiamento è il fatto che ho sempre considerato il militare uno dei miei periodi più belli. Li non c'è autonomia, tutto è definito e "ordinato". E tutto questo con la scusa migliore al mondo: lo devo fare perché è un ordine e io non posso ribellarmi.
Per la serenità mentale, considero anche uno dei migliori momenti della mia vita i mesi passati in ospedale. Tutto era deciso dagli altri, gli orari, cosa mangiare e come farmi guarire. La mia unica responsabilità era seguire le indicazione e arrivare a sera.

Durante la mia malattia ho seguito diversi percorsi di guarigione, tutti opposti fra di loro ma non essendo capaci decidere per mio conto, ho dato credibilità a tutti.

La domanda è: perché sono così?

Ho 42 anni, mi sono sposato, laureato (sempre su spinta di mia moglie), ho due bellissimi figli, ho una posizione di vertice in azienda e un sacco di persone che mi stimano e vogliono bene. Sono chiamato un paio di volte all'anno a parlare in pubblico del mio lavoro e quando ero in ospedale tenevo un blog che è arrivato ad avere 900 lettori al giorno. Per tutto il mondo non ho problemi apparenti, anzi sono visto come una persona creativa, comunicativa e capace di gestire le difficoltà e la mia incapacità ad arrabbiarmi per tutti è la mia capacità di non arrabbiarmi.

Nel mio primo post dico che non ricordo il momento in cui da capo dei mocciosi sono diventato quello che sono adesso, una persona che fa decidere la propria vita dagli altri. Bene c'è un errore di fondo in quello che ho scritto. Il problema è che non ho da ricordare il momento in cui sono cambiato, perché sono ancora quel bambino che giocava a fare il capo. Non c'è stato mai il momento in cui sono diventato adulto.

Molti mi definiscono una brava persona, da quello che sto capendo in realtà sono un bravo bambino. Un bambino che fa quello che gli dicono gli adulti, che non disturba e che fa sempre i compiti prima di giocare. 



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