martedì 27 settembre 2016

Una sedia a rotelle e scuse inutili - 2^ parte

Leggendo alcuni commenti qui e nella pagina FB, credo di non essere stato chiaro nello scrive il precedente post "Una sedia a rotelle e scuse inutili", l'obiettivo era condividere la mia idea che:

- Quando si sbaglia è molto difficile ammetterlo, soprattutto perché il nostro cervello è lì, subito pronto, a darci una serie di giustificazioni per de-responsabilizzarci dell'errore;

- Se non si ammette che si è commesso un errore, è impossibile imparare da esso. Quindi non bisogna dare credito a quello che ci dice il nostro cervello, altrimenti non ci assumiamo realmente la responsabilità di cambiare, di migliorare per non commettere più quell'errore;

- Valutiamoci sui fatti e non sulle intenzioni, altrimenti ci vediamo sempre migliori degli altri, perché degli altri vediamo i fatti e non le intenzioni, e sui fatti li valutiamo. Sentendoci già migliori degli altri, difficilmente ci viene voglia di migliorare ancora.

In oltre aggiungo qui:
Cosa è lo sbaglio? Una sequenza di azioni o non azioni, che non hanno portato al risultato desiderato. Se non ammettiamo di aver sbagliato, cioè se non ammettiamo che la sequenza di azioni non era corretta, ma giustifichiamo il non raggiungimento dell'obiettivo con fattori esterni, molte volte indipendenti da noi, non potremo imparare che quella sequenza è sbagliata e quindi da non ripetere in futuro.

Se lo sbaglio è stato fatto intenzionalmente, non è uno sbaglio, proprio perchè si è compiuto una serie di azioni che hanno portato volontariamente al non raggiungimento dell'obiettivo dichiarato ma a quello desiderato, il non raggiungimento di quello dichiarato.

domenica 25 settembre 2016

Una sedia a rotelle e scuse inutili...

Domenica, tardo pomeriggio. Finalmente qualche minuto da solo a prendere fiato, 4 giorni intensi di Salone. Ne manca ancora uno ma adesso è tutto in discesa. 4 giorni di tanto parlare, fare e sentite. Sorriso sulle labbra, molto soddisfatto. Orgoglioso dei ragazzi, qualche intoppo, alcuni di routine, altri più impegnativi, ma tutti affrontato alla grande e risolti dal bel gruppo che siamo. Tantissimi complimenti per lo stand ma soprattutto sulla nuova formula di servire anche la pasta. Sono felice, stiamo facendo un bel lavoro.

“Alessandro, c’è una Signora in sedia a rotelle, molto arrabbiata, che vuole parlare con il responsabile dello stand”. 
‘La rampa... nessuno ha sistemato la rampa’
....
“Signora ha ragione, non posso che scusarmi. Nessuno ha sistemato la rampa e nessuno ha pensato che la soluzione dei tavoli alti con gli sgabelli, non permette alle persone in sedia a rotelle di poter usufruire dello stand come gli altri. Mi scusi veramente.”

Parole inutili le mie, una voce la sua. Chissà quante persone in questi 4 giorni sono passate davanti allo stand e non sono entrate. Non sono riuscite a entrare. Nello stand scriviamo anche che il nostro primo valore sono le persone. 

Mentre la Signora animatamente, ma sempre in modo cortese, si lamentava della situazione e dell’arretratezza dell’impostazione dello stand, il mio cervello mi proponeva mille giustificazioni e scuse. "Lo stand è bellissimo, ci hanno fatto un sacco di complimenti", “Ma stiamo promuovendo nello stand la campagna Diamo il meglio di noi del Ministero della Salute e del Centro nazionale Trapianti, per la sensibilizzazione alla donazione degli organi e abbiamo raccolto più di 100 sottoscrizioni...” non è già questa una bella cosa civile e moderna? “Ma stiamo gestendo tutti i rifiuti nello stand in modo differenziato”, non è segno di civiltà e di attenzione? “Ma alle persone in sedia a rotelle ci abbiamo pensato, abbiamo fatto preparare la rampa”. “Ma non posso pensare a tutto.” Perché questa Signora si lamenta? Non vede il bello che stiamo facendo? 

Ma la Signora ha ragione, le mie sono solo scuse e giustificazioni per non ammettere di aver sbagliato. 

Quante volte ho pensato male di quelli che parcheggiano nei posti dei disabili, li ho giudicati retrogradi, stupidi. Incivili. Quante volte mi sono chiesto perché nel 2016 sono ancora pochissimi gli autobus con la rampa per i disabili. Ho pensato: “che mondo incivile”.

Come sempre le intenzioni sono una cosa e i fatti un’altra.

La Signora ha ragione e io ho sbagliato. Pensavo che lo stand fosse accessibile a tutti, perché io non sono su una sedia a rotelle. Non mi sento in colpa, ho lavorato con onestà e voglia di fare bene, nel miglior modo possibile ma ho commesso un errore. Un gravo errore perché non avevo la giusta consapevolezza.
Per rimediare devo imparare da questo errore. La nuova sfida è invitare la Signora incazzata al nostro prossimo stand a Genova nella primavera 2017.

sabato 17 settembre 2016

L'insulto.

C'è differenza fra dire "coglione" a una persona e tirarle un pugno in faccia? Per me poca, è la stessa azione ma solo con una diversità di intensità. C'è differenza fra dire "puttana" a una donna e violentarla? Per me poca, è la stessa azione ma solo con una diversità di intensità.

Giudichiamo le azioni anche sulle motivazioni e non solo sugli effetti. Insulto e violenza fisica sono entrambe motivate dalla volontà di fare del male. Nel primo caso è un dolore interno, è morale. Una ferita che non si vede. Nel secondo caso il dolore è anche fisico. Una ferita che si vede.

Se accetto l'insulto verbale, devo accettare anche la violenza fisica. Sono la stessa cosa ma solo con una diversità di intensità. Se accetto l'uso comune dell'insulto, accetto che si agisca con la motivazione di fare del male, quindi accetto l'uso comune della violenza fisica.

Se una persona insulta una donna, è violenza con bassa intensità, se due persone insultano la stessa donna, la violenza aumento di un po', se inizia ad aumentare il numero e le volte che la donna viene insultata la somma dell'intensità di tutti questi insulti supererà la violenza di uno stupro.

Se un ragazzo insulta un'altro ragazzo, è violenza con bassa intensità, se due ragazzi insultano lo stesso ragazzo, la violenza aumento di un po', se inizia ad aumentare il numero e le volte che il ragazzo viene insultato la somma dell'intensità di tutti questi insulti supererà la violenza di un pestaggio.

Se non accettiamo la violenza fisica perché dobbiamo accettare la violenza verbale? Perché se durante una discussione raramente tiriamo un pugno ma spesso insultiamo? Perché ci scandalizziamo davanti allo stupro di una ragazza ma siamo disposti a leggere post e post di insulti alla stessa ragazza, magari insultandola anche noi?

Il cambiamento per un Mondo Migliore parte dalle piccole cose, da gesti quotidiani e semplici, come non insultare e non accettare che gli altri insultino. Insegniamo ai nostri figli a non insultare e che chi insulta fa una cosa sbagliata. Soprattutto diamo noi il giusto esempio non insultando.

Una parte di noi è attratta dalla violenza, è qualcosa legato alla nostra pancia/istinto. Siamo attratti da due persone che si insultano, da due persone che si picchiano. I giornali, le televisioni e i siti internet lo sanno, e costruiscono parte del loro business su questo.
Se vogliamo un Mondo Migliore, sta a noi utilizzare la mente/ragione e il cuore/emozione per superare l'attrazione alla violenza, iniziando dal non insultare e non accettare l'insulto come cosa comune e normale.

venerdì 16 settembre 2016

Odio Alex, lo odio perché è un grande uomo.

Odio Alex.
Lo odio perché al risveglio dall'incidente ha visto quello che gli altri non vedevano. Non ha visto che non aveva più le gambe ma ha visto che aveva ancora le braccia. Lo odio perché non si è sentito vittima di un'ingiustizia ma si è sentito graziato dalla morte. Lo odio perché non si è rassegnato a tutto quello che non poteva più fare ma si è concentrato su tutto quello che poteva ancora fare. Lo odio perché ha capito che il valore era essere ancora vivo, perché ha capito la fortuna di avere ancora la possibilità di vivere e li ha trovato le sue energie per re-agire.

Lo odio perché è un esempio positivo, perché è un modello da seguire. Lo odio perché tutte le volte che mi sento una vittima per la mia malattia, perché tutte le volte che vedo solo quello che non posso fare, c'è li lui che mi fa sentire piccolo. C'è lì lui che non mi lascia libero di compiangermi e di incazzarmi con il mondo. C'è li lui che polverizza tutte le mie giustificazioni per non re-agire, per non fare, per non vivere. C'è li lui che dice, è dura ma si deve continuare a vivere.

Odio Alex perché è un grande uomo.

Grazie Zanardi, sei un grande uomo e mi indichi dove guarda.

giovedì 15 settembre 2016

La mia opinione così come è. Come un'opinione e non una certezza, senza pre e post giudizi...

Accusare la tecnologia, internet e i social per i recenti drammatici episodi del suicidio di una giovane donna e del filmare uno stupro invece di agire per evitarlo, è come accusare i produttori di automobili delle morti negli incidenti stradali.
Non è lo strumento a fare la differenza, è sempre il modo in cui si usa. La differenza la fa chi uso lo strumento.

Vietando l'utilizzo delle automobili e dei camion, in Italia ci sarebbero almeno 3.000 morti in meno all'anno, sì 3.000 morti in meno all'anno, un solo divieto e 3.000 morti certi in meno ogni anno.
Pensate che alla fine, l'automobile è stata inventata solo un centinaio d'anni fa, i miei tris-nonni hanno vissuto in un mondo senza automobili, non sarebbe una cosa "mai vista", anzi.

Ma con automobili e camion cosa abbiamo conquistato? Libertà, possibilità di realizzazione personale, possibilità di conoscere e vedere, possibilità economiche.
Senza automobili, perderemmo la possibilità di poter crescere scoprendo il mondo, senza automobili non potremmo scoprire neanche quel mondo che ci circonda a pochi chilometri. 

Non i miei tris-nonni, ma io sono cresciuto e ho vissuto buona parte della mia vita senza tecnologia, senza internet e i social. Era meglio?
In certi momenti, quando sono in coda in tangenziale o non trovo parcheggio, penso, forse si starebbe meglio senza automobili. Leggendo alcuni post, pensando a quante ore passo leggendo Facebook, penso, si forse si starebbe meglio senza internet.
Poi quando arrivo a destinazione, e vedo per la prima volta una spiaggia stupenda, vado tutte le sere dai miei figli che sono al mare, ritrovo i miei amici di un tempo per una pizza fra risate e felicità, penso, è molto meglio adesso.
Poi quanto scopro con 2 click come si cucina il riso alla cantonese, come si scrive in russo acqua minerale, quando parlo con i miei amici che vivono dall'altra parte del mondo, guardando con loro le fotografie del loro primo figlio, quando scopro che hanno sviluppato una nuova applicazione che ti aiuta a fare più attività fisica e dopo 10 minuti la sto usando anche io, quando resisto 1 mese in camera sterile perchè mi sfogo ogni giorno per un'ora su Periscope, penso, è molto meglio adesso.

Con la tecnologia, internet e i social abbiamo conquistato una libertà immensa, quella del sapere, condividere e avere le informazioni per capire. Con internet e la tecnologia, annulliamo gli spazzi.

La differenza la facciamo noi, noi che utilizziamo lo strumento. Se non vogliamo più che accadano episodi come quelli descritto all'inizio, se vogliamo che ci siano meno morti sulle strade, siamo noi che dobbiamo cambiare, è la società che deve cambiare, lo strumento non c'entra.
Dobbiamo ripartire dall'educazione, dobbiamo partire dal senso civico, cioè il senso del rispetto per gli altri, del rispetto delle regole e della comunità. Partiamo da noi, per essere poi modello per i nostri figli, riprendendo l'importantissimo e fondamentale ruolo dell'educazione in famiglia.

L'educazione, il rispetto e il senso civico si insegnano ai propri figli soprattutto dando l'esempio, non solo spiegando o facendo leggere dei libri. Soprattutto NON delegando ad altri questo importantissimo compiuto.
Le nuove generazioni fanno e faranno, soprattutto quello che ci hanno visto fare.
Il senso civico è una cosa che si insegna rispettando le cose comuni, non buttando la carta, i mozziconi delle sigarette per strada. Si insegna, non insultato gli altri, chiedendo scusa e ringraziando. Si insegna facendo piccole cose ma tutti i giorni e sempre. Si insegna facendo quello che si dice.
Non servono soldi, ma tempo, coscienza, impegno e buon senso. Serve agire per quello che vogliamo sia il nostro mondo fra 30 anni, quello che io chiamo il Mondo che vorrei.
Sono sicuro, voglio essere sicuro, che la maggioranza di noi vuole un mondo migliore, un mondo dove tutte le persone hanno le stesse possibilità di realizzare i propri sogni, dove ognuno è libero di fare quello che vuole ma senza danneggiare gli altri, dove tutti lavoriamo per il bene comune. Dove i soldi sono uno strumento del fare e non il fine, dove tutti agiamo per tutelare il nostro ambiente sia naturale sia sociale. Dove le diversità sono il valore. Perché questo Mondo Migliore arrivi, noi dobbiamo agire, NOI, nel nostro agire quotidiano.

venerdì 9 settembre 2016

I genitori sono importanti nella vita dei figli? Certo, con il giusto equilibrio.

Nel post del 5 aprile "E poi arriva la sportellata che non ti aspetti..." avevo scritto:
"Tu, mi hai conosciuto come la cosa più fragile e indifesa al mondo. Mi hai visto e aiutato a crescere. Io, ti ho conosciuto come la mia sicurezza, la mia forza. Il mio scudo dai pericoli della vita. Sei stato il mio modello, il mio esempio. Adesso siamo due uomini che si devono confrontare nelle loro diversità, arrivando da percorsi opposti. Tutto questo condito dai due sentimenti più forti al mondo, quello dell’amore del genitore verso il figlio e quello dell’amore del figlio verso il genitore."

È chiaro il rapporto genitore-figlio è il più complesso e intenso fra tutti i possibili rapporti umani. E' il rapporto che implica al 100% corpo/essere, cuore/emozione, cervello/ragione, pancia/istinto e anima/spiritualità. I cinque elementi che per me formano l'identità di ogni essere umano. Pensate solo all'intensità e alla particolarità del rapporto corpo/essere che c'è fra mamma e figlio. Per 9 mesi sono stati lo stesso corpo/essere ma la mamma ne ha il ricordo e la consapevolezza di ogni istante, per il figlio è impossibile solo anche immaginarlo. Pensate come può essere difficile capirsi in certi momenti, se neanche riusciamo ad avere gli stessi ricordi. 

In Italia per i primi venti, trent'anni lo scopo principale di questo rapporto è la creazione dell'identità del figlio, cioè prepararlo ad affrontare autonomamente la realizzazione della sua vita, nel contesto sociale. Fino a qualche generazione fa, questa fase durava al massimo vent'anni, ma aumentando la complessità del sistema sociale, soprattutto in Italia, senza aiuti extra famiglia, la cosa si è notevolmente complicata e i tempi si sono allungati. Consideriamo anche che questo aumento della complessità sociale implica, che la stessa identità dei genitori, è sempre in continua evoluzione e cambiamento e in un rapporto dove l'equilibrio è fondamentale, non è certo un facilitatore. 

Veloce parentesi sul fatto che il figlio dalla sua è solo, e i genitori, normalmente sono due. Cosa vuol dire? Che parte importantissima del rapporto genitori-figlio è il rapporto fra i genitori stessi. Sicuramente molto di più del fatto se i genitori siano uno o due. Complicato è il rapporto fra i genitori, complicato sarà il rapporto con il figlio e soprattutto la creazione della sua identità perché si troverà a scegliere fra due visioni diverse, facilmente anche opposte e conflittuali, della vita, senza avere ancora tutti gli strumenti per farlo. Creandogli senso di dubbio e insicurezza. 

Il peso del rapporto inizia totalmente sbilanciato sui genitori che partono con l'essere il 100% dell'identità del figlio, come estensione rielaborata della loro. Giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, con una velocità crescente, l'identità del figlio inizia ad evolversi e ad allontanarsi da quella iniziale 100% coincidente con quella dei genitori. Compito del genitore è proprio quella di guidare e aiutare il figlio nella formazione della propria identità, ricordandosi che per far questo deve in qualche modo, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, rinnegare la propria che aveva proiettato su quella del figlio. Immaginate la difficoltà. Da un'identità del figlio 100% coincidente con quella dei genitori, a una che deve diventare al 100% autonoma. Qui i buoni genitori fanno la differenza.

La fase più critica e credo anche più importante per il futuro rapporto genitori-figlio, è la fase della "ribellione" del figlio, quella in cui il figlio vuole prendere gestione della propria identità, vuole scegliere lui e anche se non sempre lo ammette, vorrebbe anche sentirsi dire:"Bravo hai fatto la scelta giusta". Questa è una fase delicatissima del rapporto, perchè da questo momento in poi è fondamentale il giusto equilibrio dell'intervento del genitore nell'identità, nella vita del figlio. 

Da questo momento di rottura in poi, cioè da quando il figlio inizierà a voler scegliere da solo, nella sua identità ci sarà una fortissima evoluzione che lo dovrà portarlo alla realizzazione di una propria al 100%. Se non ci riuscirà, avrà per tutta la vita dei forti problemi con se stesso e con i genitori. Facilmente sarà insicura e non crederà in se stesso. 
Identità che sarà comunque legata a quella dei genitori perchè è da li viene ma non sarà più quella dei genitori. Situazione facile per il figlio, molto meno per i genitori perchè dovranno accettare che il figlio faccia delle cose che per loro sono sbagliate. Dal distacco in poi, i genitori saranno importanti nella vita del figlio per quanto saranno capaci di trovare il giusto equilibrio fra la loro identità e quella del figlio. 

In questa fase il figlio non è cosciente e non ha nemmeno gli strumenti per capire cosa sta succedendo, non è un'evoluzione volontaria e ragionata, a staccarsi dalle scelte dei genitori e diventare autonomo. Tutti i suoi cinque elementi lo spingono a voler scegliere lui. I genitori invece devono capire cosa sta succedendo, e si, loro in modo attivo e ragionato, devono gestire la situazione e accompagnare il figlio nella realizzazione della sua autonomia. Questo non vuol dire che devono quindi fargli fare tutto quello che vuole, non ha ancora la capacità e l'esperienza per decidere in tutta autonomia, ma devono guidarlo senza il conflitto. Sbagliato è anche l'approccio:"tu non capisci niente, sei ancora un bambino". Credibilità è la parola chiave, se i genitori vogliono avere credibilità nei confronti del figlio, vogliono essere ascoltati dal proprio figlio, per prima cosa devono darne a lui. Devono dargli credibilità. Confrontarsi veramente con lui, da pari, lasciandolo spiegare e chiedendo chiarimenti, dando la propria visione e che non sia evidenziare quello che della visione del figlio non va bene e ritenete sbagliato. Dare credibilità vuol dire riconoscere l'identità di una persona. I genitori devono ogni giorno fare piccoli passi indietro nella gestione della vita del figlio, per permettere a lui di crescere e avere una propria vita. Avere una vita vuol dire avere un'identità. 

Quello che spero di riuscire a fare coi miei figli, è accettare che diventeranno qualche cosa totalmente separata da me, con la loro vita e identità. Che faranno cose che io non farei, che penseranno cose che io non penserò. Lo so che vuol dire accettare di perdere parte del mio corpo/essere, cuore/emozione, cervello/ragione, pancia/istinto e anima/spiritualità ma solo così loro vivranno.

mercoledì 7 settembre 2016

I figli sono la cosa più importante della famiglia? Certo, temporaneamente e a part-time.

I figli sono la cosa più importante della famiglia? Certo, temporaneamente e a part-time.

Un accenno in una discussione di ieri sera con amici, un articolo del Corriere sulla mancanza della voglia dei genitori di oggi di educare i figli, tante riflessioni già fatte in passato e ho deciso di scrivere qualche cosa in merito. 

Argomento scottante, complesso e soprattutto "ogni scarrafone è bello a mamma sua", quindi alcune premesse. La prima, ognuno è libero di pensare e fare quello che vuole nella e della propria vita, l'importante è che non lo faccia dando fastidio agli altri. La seconda, questa è solo poco più di una riflessione sul ruolo dei figli e dei genitori nella famiglia, volutamente evitando anche minimi accenni al fertilityday, a uteri in affitto, ad adozioni per gli ultra 80enni, ecc. Terza premessa, lo so che la mia vita non è perfetta e consapevole di questo, penso spesso e qualche volta agisco per cercare di migliorarla e sono padre e figlio anche io.
Soprattutto qui non parleremo dell'immenso amore che ogni genitore ha per i propri figli e quello dei figli per i propri genitori. Qui parliamo di comportamenti, di relazioni fra persone che, vista la lunga durate della rapporto, cambiano e cambiano molto.
Ultima premessa. I figli sono una cosa bellissima, avere dei figli è lo scopo ultimo dell'uomo sulla terra. Sì, siamo liberi di non farli, di essere felici nel non averli o tristi e incazzati perché non è nostro destino ma l'essere umano è da 2.8 milioni di anni sulla terra, fondamentalmente lottando per la sopravvivenza della specie attraverso la riproduzione. Cioè è sulla terra per far figli. Lo so, che ho semplificato molto e oggettivizzato ma almeno per i primi 2,7999 milioni di anni la maggioranza dei membri della nostra specie ha fatto fondamentalmente questo e per i primi 2,6 milioni di anni, lo hanno fatto tutti.

Partiamo da 0 + 1 mese. Vi risparmio la sala parto, il rientro a casa e i problemi a scaldare i primi biberon. 
Adesso c'è un figlio ed è nato un mese fa, è il primo e ha tutto l'amore dei suoi genitori. Essendo il primo, quel mese per i genitori è sembrato 1 anno, dal secondo figlio si va in radice quadrata. Finalmente al 4° figlio, dice chi ha avuto il coraggio di farlo, torna la reale percezione del tempo. Dal 5° non si ricordano più i nomi dei figli nella sequenza corretta. Ai nonni, questo succede dal 3°. 
Un anno di soli giorni, nel senso che di notti con il relativo concetto di sonno/riposo non se ne ricordano, sicuro per la mamma, se il padre è volontariamente collaborativo, neanche per lui. Comunque sono felicissimi, quando parlano del figlio, più o meno saranno 6+1 mesi che parlano solo di quello, i loro occhi si illuminano, i loro sguardi si incrociano e per i primi 6 mesi c'era anche un bacio di chiusura e una toccatina alla pancia. Nell'ultimo mese, uno dei due sta sicuramente cercando di fare qualche cosa per far smettere di piangere l'amato bambino. Qualcuno dice anche: "Povero... le coliche?", nel parlato non si pronuncia il "?". Per i non esperti, "coliche" è l'espressione sintetica di: "ma sta santa creatura che c'ha adesso da piangere? Ha mangiato, fatto i bisogni, gli abbiamo cambiato il pannolino, ha un chilo di fissan sul popo. Sarà mica posseduta?". Normalmente dal secondo mese compare una piccola croce d'oro appesa con una spilla nella culla. Io non so, ma magicamente alla comparsa della croce le coliche svaniscono. Calma, non preoccupatevi a breve arriveranno i dentini. Marito e moglie lottano ancora per avere un minimo di intimità, il ricordo delle notti di passione è ancora fresco, soprattutto per il, fra brevissimo nella storia, maniacochepensasoloaquello, e riescono anche a ritrovare attimi di armonia e desiderio. Attenzione!!!! Si rimane incinta anche se si allatta, non fate cavolate che poi, veramente, si complicato tutto. Date al nascituro il tempo di godersi la vita da solo, usate il preservativo.

I primi 2/3 anni sono molto impegnativi ma niente al mondo è più prezioso del primo sorriso di tuo figlio, e poi parla anche, cammina, ti chiama "papà" e altre mille bellissime cose. Indiscutibile, tuo figlio è la cosa più importante della tua vita. Dalla prima volta che l'hai visto, la famiglia è lui e poi loro.

Superate tutte le fatiche dei primi anni e primi figli, la relazione tra madre e padre torna ad esserci e molte volte anche civile. Ed ecco qui la prima grande evidenza, il primo grande segno del cambiamento nella relazione, nella famiglia. Non ci sono più una moglie e un marito ma una madre e un padre. E' chiaro, i ruoli sono cambiati, ed è giusto che sia così. Attenzione!!! Se i genitori, incominciano a chiamarsi anche fra di loro mamma e papà, basta finito il post, tutti a letto. 
Altro segno evidente del cambiamento è come la famiglia cammina sul marciapiede, se è stretto, mamma davanti con passeggino e/o bambino più piccolo, altri figli dietro e papà che chiude la fila. Se il marciapiede è abbastanza largo. Genitori ai lati e figli in mezzo. Una volta era: marito e moglie affiancati, mano nella mano, sempre, qualsiasi fosse il tipo di marciapiede. Per quelli stretti, ovviamente il prode marito, in mezzo alla strada a rischiare la vita.
Stessa cosa la domenica mattina nel lettone, che ovviamente ha preso questo buffo e simpatico nome da quando ci sono i figli, prima si chiamava semplicemente "letto". Mamma e Papà ai lati e i figli nel mezzo, anche qui, come per il marciapiede, per una imprescindibile questione di sicurezza.

Passano gli anni, passano i decenni. Stesso argomento fra mamma e papà, i figli. Cambiano solo i numeri. Il numero dei figli, le taglie dei vestiti, il numero di scarpa, il numero della classe, il costo delle attività extra-scolastiche, il numero delle attività extra-scolastiche. Quarta, quinta o sesta malattia? Anche la medicina a un certo punto ha deciso di semplificare, dando i numeri.

Passa un ventennio. Arriva il momento del distacco, i genitori devono staccarsi dai figli. Devono trovare le giuste motivazioni per sopportare questo enorme sacrificio, devono trovare il modo per sopportare il non parlare più, solo e sempre, dei loro figli. Fortunatamente ancora per qualche anno, anche se i figli non vivono più in casa, si riesce a concentrare tutto su di loro ma passato un trentennio, soprattutto per la salute mentale dei figli, bisogna che mamma e papà cerchino qualche cos'altro per riempire i loro pensieri, la loro vita.

Le coppie miracolate, quelle che oltre a mettere la croce d'oro nella culla se l'erano appesa anche sopra il "letto matrimoniale", ritrovano i loro ruoli originali di marito e moglie e li ritrova l'equilibrio e lo scopo dell'essere famiglia. Perché, comunque, passato anche un quarantennio, quando i figli parlano di famiglia, non parlano più della loro mamma e del loro papà, parlano dei loro figli. Qui ci sta una bella lacrimuccia, ma è giusto così. Per natura, hanno cambiato il loro ruolo da figli a genitori, come hanno fatto tutti i genitori.

Ho iniziato dicendo che i figli sono la cosa più importante della famiglia "temporaneamente", perché lo sono per il tempo che ricoprono il ruolo principale di figli, quando diventano altro, allora è tempo di staccarsi e lasciarli vivere nel nuovo ruolo che avranno scelto. Per farlo bisogna con consapevolezza, forza e determinazione uscire dal ruolo principale di genitore. È molto difficile perché vuol dire trovarsi un nuovo ruolo principale da ricoprire. Trovarsi un nuovo scopo nella vita.
Scrivo anche che è "a part-time" perchè ogni genitore dovrebbe trovare il tempo di continuare a coltivare i propri ruoli secondari, le proprie passioni. Il ruolo dello sportivo, della lettrice, del tifoso, della cuoca o sarta. Soprattutto dovrebbe continuare a coltivare il ruolo di marito o moglie, proprio perchè quando dovrà abbandonare quello di genitore, potrebbe il forte rischio che sia costretto a ricoprire quello di "convivente di una persona sconosciuta".

domenica 4 settembre 2016

Fermati! Non parlare, non scrive...

Fermati! Non parlare, non scrive... ancora. Fermati e rifletti. Se quello che stavi per dire, scrivere, ti farà sentire meglio, ti farà sentire superiore agli altri, perché tu hai capito tutto, perché tu sai e gli altri no. Se hai certezze e non idee, se parlerai di persone e userai solo frasi affermative e non userai mai punti di domanda, allora è chiaro, stai zitto e non scrivere. Se invece non sei sicurissimo di quello che stai per dire o scrivere, se invece hai il dubbio di poter dire o scrivere una cosa sbagliata ma lo stai facendo con onestà e voglia di confronto, se sei pronto ad essere smentito e rivedere tutto, se sei pronto ad ammettere di aver torto. Se hai idee e non certezze, se parlerai di progetti e cose, se inizierai dicendo "io credo..." e "potrebbe essere", allora parla e scrivi.

Questa settimana, tre argomenti su cui ho avuto occasione di leggere, ascoltare, riflettere, parlare e scrivere, sperando di averlo fatto in quest'ordine, sono stati: il terremoto, la scelta di una ragazza di non seguire trattamenti chemio per curarsi e la vignetta di Charlie Hebdo sul terremoto. Tre argomenti complessi da affrontare, capire e soprattutto su cui è molto difficile farsi un'opinione che sia il giusto equilibrio tra la mente/ragione, il cuore/emozione, la pancia/istinto e l'anima/la fede. Su argomenti così pieni di forza, dove ci sono scelte personali, sofferenza e morte, è molto facile che prevalga uno solo dei quattro elementi, e molti degli articoli e post che ho letto ne sono stati la dimostrazione.
Io credo, che la corretta guida per affrontare questi argomenti sia il dubbio, analizzando gli eventi e non giudicando le persone. Solo attraverso il dubbio possiamo essere aperti per vedere le cose sotto più punti di vista per poter ampliare il più possibile il nostro.

sabato 3 settembre 2016

Una piccola scossa di terremoto...

Questa mattina ho scritto in commento a un post di Paolo: "4 anni fa nella bella e soprattutto civile Cuneo, ho prima acquistato e poi ristrutturato un pezzo di un rudere di una cascina del 1600. Rudere situato in una zona a vincoli paesaggistico. Cuneo è zona sismica quindi la prima cosa che mi hanno obbligato a fare è la costruzione di un cordolo in cemento armato per tenere uniti i muri in pietra e su cui oggi poggia il tetto nuovo. Dopo aver saputo del terremoto, mi sono subito gongolato pensando al mio cordolo.
Qualche giorno dopo leggo un articolo dove un ingegnere di Torino analizza le fotografie dei crolli e cerca di individuare le cause. Bene in quasi tutti i casi, la causa è stato il cordolo in cemento armato che con il suo peso eccessivo per i sottostanti muri in pietra ha letteralmente schiacciato la casa crollandoci sopra. Lavori fatti secondo le attuali norme antisismiche. Pazzesco vedere le case distrutte con cordolo e tetto perfettamente integri. Quindi? Non credo sia solo un problema di corruzione, non credo sia solo un problema di case costruite male facendo abusivismi. Anzi il continuare a concentrarci su questi argomenti, complicando tutto in modo assurdo, ha impedito fino ad ora di definire un sistema di sviluppo urbanistico sostenibile e soprattutto sicuro. Adesso a me non interessa sapere di chi è la colpa se i miei figli dormono con un cordolo in cemento armato, forse troppo pesante per i sottostanti muri, sopra la testa, adesso io voglio sapere cosa fare per mettere veramente in sicurezza la vita dei miei figli."

e questa sera mentre guardavo "Piovono polpette 2" con i bambini, abbiamo sentito una piccola scossa di terremoto. I siti parlano di un grado 3.2 a una trentina di chilometri da qui. Come è arrivata è passata ma le parole riportate qui sopra assumono un valore per me ancora più forte, consapevole della fortuna che per noi sono parole, invece per miglia di persone adesso sono realtà e dramma.