Domenica mattina, fa caldissimo ma la brezza che entra dalla
finestra aperta è un bel sollievo. Di fondo il silenzio, interrotto solo dai
rumori del bosco e dal foglio appeso alla parete che sventola. Qualche uccellino
mi da il segno di non essere l’unico essere vivente nel mio qui e ora. C’è
anche una mosca che mi ronza intorno, segno dell’evidenza che il mondo non è
perfetto.
Vorrei raccontare la mia esperienza di ieri, per tutti ma soprattutto
per Xander e Kiki ma oggi non so da dove iniziare. Non so dove cercare, se
cercare nel cuore, nella testa o nell’anima. Del resto l’esperienza è un
momento di vita, elaborato dalla testa, valorizzato dal cuore e assorbito
dall’anima. Senza i tre elementi non è vita. Dimenticavo, c’è anche il corpo,
strumento necessario e di grande valore, e nella mia esperienza di ieri di
grande impatto.
Sono le 20 di venerdì sera, sono in giro per Cuneo e fa
caldo, e per me il caldo è energia del fare. La stessa fisica quantistica dice
che il calore è l’evidenza del movimento e quindi della vita e del passare del
tempo. Vi consiglio di leggere “Sette brevi lezioni di fisica” di Carlo Rovelli
per approfondire l’argomento.
E’ stata una giornata particolare. Un viaggio di 500km in
mattinata, spero per un accordo di grande valore, e poi le ultime ore del
pomeriggio in un’atmosfera strana, quella dell’intensità che da senso al tempo.
I bambini e Yara sono al mare, so che sono in vacanza e in
un posto che a loro piace tantissimo. Non ho rimorsi di non essere con loro, siamo
stati insieme ieri, e quindi mi sento libero. Mi sento di avere la vita nelle
mie mani. Casualmente ho in macchina lo zaino con il cambio per 1 giorno, che
allarga i miei orizzonti di 24 ore. Ho anche le medicine, il mio coltellino
svizzero e il pieno nella macchina. E’ molto più forte la voglia di fare
qualche cosa che quella di tornare nell’appartamento delle terme, da solo.
Decido, prendo l’autostrada e parto all’avventura. Ho la
certezza di voler fare qualche cosa da ricordare, ho qualche idea sulla meta ma
nessun programma. Sono libero.
Si parte all'avventura.
Con Paolo, avevamo organizzato di andare a vedere la
passerella ideata e realizzata dall’artista Christo sul lago di Iseo, proprio per
l’alba di venerdì mattina, sia per lo spettacolo sia per evitare il caldo e la
grande folla. Era tutto organizzato ma all’ultimo momento l’hanno chiusa per
manutenzioni straordinarie, facendo saltare i nostri piani. Andarci da solo mi
dispiace, è tradire l’accordo con Paolo. So però che non avrò altre occasioni,
settimana prossima avrò tutte le mattine impegnate dal ciclo di terapia in
ospedale e la passerella chiude definitivamente domenica prossima.
Deciso, vado a Sulzano a vedere la passerella di Christo.
Sono giorni che scrivono sui giornali di tutti i disagi
legati al grande afflusso, parlano di code, blocchi e tempi lunghissimi. Io non
voglio fare code, soprattutto al sole, non posso prenderlo a causa della GVH,
conseguenza del trapianto di midollo. Non ho vogli e fisico. L’alba non potrò
vederla, perché riaprirà solo alle 6 dopo la manutenzione nella notte, ma
voglio essere tra i primi a salirci per godermi la passeggiata al fresco e
senza folla.
Non ho idea di come è organizzata la cosa, so solo che non
ci si può avvicinare in macchina, in moto e nemmeno in bicicletta. Si può
arrivare a Sulzano solo coi mezzi pubblici, le navette che partono dai vari
parcheggi o a piedi. Mio obiettivo è fare la passerella, il prima possibile per
evitare il sole e la calca. Al come ci penserò durante il viaggio, ho 330 km per
pensarci.
E poi cosa faccio? Ho un giorno d’avventura tutto mio e devo
riempirlo.
Scorro mentalmente la mia lista dei desideri e subito trovo
il volo d’angelo. L’attraversata di una valle appesi a un cavo con una
carrucola. Mi ero già informato e lo fanno vicino a Sondrio. Cuneo è
lontano da Sondrio, il lago di Iseo è lontano da Cuneo, quindi Sondrio e il
lago di Iseo sono vicino. Deduzione non proprio corretta ma decido che alla
prima sosta in Autogrill cercherò su internet. Ho voglia di fare, ho voglia di
fare per poi poter anche raccontare.
Riflessione: È giusto voler fare per poi poter anche raccontare?
Non si dovrebbe vivere per noi e basta?
So e ho scritto e detto tantissime volte che la vita è la
nostra e non ci devono guidare i giudizi degli altri. Il nostro corpo, il
nostro cuore, la nostra testa e la nostra anima sono i giudici più importanti
della nostra vita. Allora perché io voglio fare anche per poter raccontare, e in
qualche modo avere un giudizio anche degli altri?
Dobbiamo essere noi al centro della nostra vita, il nostro
giudizio su noi stessi è più importante di quello degli altri ma questo non
vuol dire isolarsi, siamo comunque animali sociali, animali che vivono in
branco, in comunità, e quindi è anche nostra necessità e valore vivere questa
comunità, raccontandoci. Essere parte di una comunità
è un valore importantissimo, ci ha permesso di sopravvivere per milioni di anni
alle ostilità del mondo, e oggi ci permette di condividere le esperienze nostre
e degli altri, rendendo più ricca la comunità e noi stessi.
Mi fermo a mangiare, telefonino alla mano vedo che posso
prenotare il volo per domani. Nel mio totale ottimismo prenoto per le 11, non
sapendo assolutamente quanto tempo ci vuole ad andare a Sondrio da Iseo.
Fortunatamente la prenotazione non va a buon fine, rifletto e vado a vedere su
google map quanto sono distanti Sondrio e Iseo. Non sono vicine quanto pensassi
ma a occhi, neanche così lontane. Rifaccio la prenotazione per le 13, che
costa anche meno.
Arrivo a Iseo, il mio passato da esploratore dell’8°
Reggimento di cavalleria “Lanceri di Montebello” mi aiuta a capire qual è il
parcheggio più vicino per poi poter andare a Sulzano a piedi, fortunatamente per
la mia tranquillità, è anche quello che si trova fra la stazione dei
carabinieri e quella della polizia. Le navette inizieranno a circolare solo
alle 6, quando aprirà anche la passerella, ma io voglio arrivare prima e non c’è altra alternativa che andarci a
piedi. Sono circa 5 km. Non ci penso più di tanto e decido di dormire in
macchina, aumentando ancora di più l’effetto avventura.
Nonostante la passerella avesse chiuso alle 22, c’è ancora
gente che sta arrivando a piedi da Sulzano. Questo mi crea qualche dubbio sul fatto che
non sia così vicino come penso.
Sono le 00.15 e ipotizzando un’ora a piedi per arrivare alla
passerella, metto la sveglia alle 4.15. Sono un può stressato dai tempi, la
paura è di infilarmi nel casino della calca facendo saltare il mio piano di
andare a Sondrio.
Tutte le macchine parcheggiate vicino a me, hanno dentro
persone che dormono o si stanno preparando per dormire. Stendo il sedile del
passeggero, mi tolgo le scarpe e mi addormento.
La mia camera da letto per questa notte.
Alle 4 mi sveglio, mi scappa la pipi. Situazione non
prevista. Nel totale rincoglionimento ipotizzo le varie soluzioni. Farla vicino
alla macchina no, tutta la zona del parcheggio è illuminata dai lampioni della
strada e vedo che ci sono già delle persone che stanno iniziando ad andare a
piedi a Sulzano. Ho alcune bottiglie vuote in macchina, provo alcune posizioni
ma c’è solo il rischio di fare un gran casino. Anche se era una buona
soluzione, riempivo la bottiglia e poi uscivo e la svuotavo vicino a un albero.
Rimane la soluzione di allontanarmi in cerca di un posto non illuminato.
Scendo, fa caldo. C’è una leggera brezza ma fa caldo. 20 metri e supero
l’imprevisto. Sono le 4.15, sono sveglio e c’è già diversa gente in movimento.
Rinuncio a cercare di rimettermi a dormire ma soprattutto inizia lo spirito di
competizione per arrivare fra i primi. Preparo lo zaino il più leggero
possibile, pendo la medicina per la tiroide, cambio le scarpe e chiudo la
macchina. Si parte. E’ ancora buio.
E’ più lungo di quanto pensassi, arrivo verso le 5.15 e ci
sono già 300 persone in coda. La camminata è stata bella, fatta con un paso
deciso per cercare di superare quelli davanti e per non farsi superare da quelli
dietro. Pochissimo spirito di gruppo, tantissimo spirito di competizione.
Vedendo i bivacchi, capisco che molti hanno passato lì la
notte. Sono quasi tutti ragazzi del posto, l’accento è abbastanza
caratteristico, molti con un buon tasso di alcol in corpo che si capisce sia da
come sbiascicano le parole sia e soprattutto dalle lattine di birra vuote.
Sono stanco, fisicamente sento le poche ore di sonno ma
soprattutto i 5 km a piedi a buon passo, e non sono di buon umore. Non ho
ancora fatto colazione. Pessime premesse per affrontare la massa calcante di
persone in coda. Accetto che il mondo è imperfetto e che nonostante i mille
cartelli di divieto, ci sono persone che fumano, alcune addirittura scavalcano
le transenne per saltare un po’ di coda.
Alle 5.45 inizia a muoversi la coda, avanziamo a tratti e
alle 6.15 sono finalmente sulla passerella.
I 300 che mi aspettavano
Lo spettacolo e le sensazioni sono bellissime. Rimane comunque
un velo di stress per la stanchezza, la paura di raffreddarmi, sono sudato e
tira vento, e per voler arrivare a Sondrio in tempo. Non sono molto lucido, sono
focalizzato nel fare i circa 10km fra andata e ritorno il più veloce possibile.
L’obietto è il fare più che il godere.
Riflessione: L’obiettivo è il fare più che il godere. Qui ho
sicuramente sbagliato, mi sono lasciato prendere dallo stress di non riuscire a
fare quello che mi ero programmato, di non riuscire ad andare a Sondrio per il
volo d’angelo. Non era concentrato su quello che stavo vivendo ma sui vari
scenari futuri. Non stavo sicuramente vivendo. I miei sensi erano settati
sull’allerta, continuavo a mettermi e togliermi la felpa per paura di sudare
troppo ma anche di non prendere troppo vento. Le sensazioni analizzate non
erano quelle del bello ma quelle del pericolo. Ero sicuramente più concentrato
nel raggiungere la meta che nel godere del viaggio.
7.25, fra i primi finisco il giro. All’ingresso c’è la calca
che temevo, fortunatamente non è la mia calca. Mangio una brioche, prendo una
bottiglia d’acqua e finisco la colazione prendendo le mie pastiglie. Parte della mia stanchezza e la poca lucidità sono causate
dalla disidratazione, non bevo da ieri sera e ho camminato per 14 km.
Quelli che stavano iniziando quando ho finito io e il temporale sullo sfondo.
Le mie pillole del mattino.
Non
voglio ma soprattutto non ce la faccio a tornare alla macchina a piedi.
Fortunatamente tutto è tornato operativo, aspetto qualche minuto e arriva
l’autobus di linea. Alle 8 salgo in macchina, sono soddisfatto e felice.
All’orizzonte un temporale (che qualche ora dopo costringerà il prefetto di
Brescia a sgombrare e chiudere la passerella). Metto sul navigatore Fly
Emotion, 144 km e 2 ore e 19 minuti.
Parto. Qualche difficoltà per uscire da Iseo per le tante
macchine che stanno arrivando e cercando parcheggio. Il viaggio mi sembra
lunghissimo, gli ultimi chilometri fuori dall’autostrada, infiniti. Sono
evidentemente stanco ma mi congratulo con me, mi dico che le motivazioni sono
più forti del fisico e permettono di superare la stanchezza. Sono felice.
Faccio gli ultimi 10km di tornanti. Nella valle il sole ma
sulle vette nuvole. Così anch’io, nel cuore l’energia del fare ma la mente è
offuscata e il corpo stanco.
Alla mia sinistra la valle e alla mia destra la montagna,
realizzo che dovrò lanciarmi nel vuoto da quella cima per attraversare quella
valle. Panico, ho paura, cerco di controllarmi. Cerco di aggrapparmi al fatto
che mi sono già lanciato, anche da più in alto, e senza un cavo attaccato alla
schiena. Mi dico che quando sarà il momento, sarò più forte della mia paura e
mi lancerò. Solo una settimana fa, ho superato la paura di camminare sui
carboni ardenti. C’era la paura ma da lei ho tratto l’energia per il coraggio
di fare il primo passo. Distolgo il pensiero, ma ogni volta che il mio sguardo
trova il vuoto al di là del guardrail, un pugno nello stomaco.
Arrivo a destinazione, passo vicino al trampolino di lancio.
Panico. Nella mia testa inizia ad affiorare tutta una serie di
considerazioni/giustificazioni per non farlo. “Sono troppo stanco”, “sta
arrivando il temporale”, “ma chi me lo fa fare?” e “se poi va male?”. Scuse per
non farlo che conosco bene, sono le stesse di quando sono arrivato a Veglio
Mosso per fare bungee jumping. Alla fine ce l’ho fatta e ho saltato dal ponte,
ed è questo che mi convince a non andare via.
Sono le 10.30 e io ho prenotato per le 13. Parcheggio e decido di
trovare un bar per un caffè, di avvisare che ci sono e poi di tornare in
macchina per dormire un po’.
Arrivo all’accoglienza del Fly Emotion. Mi registro e sto
per tornare in macchina, la mia speranza è di recuperare forze ma soprattutto
motivazione con un po’ di riposo, quando la ragazza mi avvisa che mi ha
anticipato il lancio, si è liberato un posto e in 10/15 minuti mi avrebbero
chiamato. Gestisco il panico e faccio finto di niente, addirittura la
ringrazio.
Una voce dice “Guarda, sta iniziando a piovere” e la ragazza
risponde “non preoccuparti, sono temporali, durano 10 minuti”. Ok, adesso è
veramente panico. Il mio cervello inizia a catalogare e a elencare uno per
volta tutti i possibili scenari più catastrofici: quello base, “si rompe la
fune e mi schianto”, poi “un fulmine colpisce la fune e arrostisco”, “al lancio
l’adrenalina è talmente tanta che mi viene un infarto”, e qui prendo anche
coscienza che il mio cuore non è più in forma come al lancio dal ponte, e così via
fino al “il volo va bene ma mi bagno e poi mi viene una polmonite”. Fortunatamente
non ho neanche il coraggio di scappare.
Da “sta iniziando a piovere”, in pochi minuti si passa a
“c’è una tempesta”. Sono a pezzi, ho bisogno di sedermi, trovo un divano. Inizia
il conflitto interiore: mollare o resistere. Il divano peggiora la situazione
perché inizia anche la lotta per non addormentarmi. Doveva essere una cosa
bellissima e si è trasformata in un incubo.
Passano i minuti e fuori il tempo non migliora, inizio a
darmi delle scadenze. Se non smette fra 10 minuti rinuncio. Passano i 10
minuti, ancora diluvio ma non voglio ammettere la sconfitta e altra scadenza e
così fino alle 12.30. Fuori ancora diluvio. Deciso, mi alzo, vado dalla ragazza
e dico che rinuncio. Vuole convincermi ad aspettare ancora, resisto e mi
rimborsa i soldi per la telecamera e mi dice che mi arriverà un’email con le
istruzioni per cambiare la data del volo.
Salgo in macchina, sono deluso. Arrivo in valle e c’è il sole, questo aumenta il mio senso di sconfitta, se avessi aspettato, magari sarebbe uscito veramente il sole. Adesso mi sento di essere anche un codardo che oltre ad aver rinunciato è anche scappato.
Il rientro è lunghissimo, mi fermo anche a dormire un paio
d’ore all’autogrill di Novara, ma questo non fa altro che peggiorare il senso
di confusione. Arrivo a Lurisia verso le 18 e agisco per automatismi, ho
veramente perso il controllo del mio fare.
La fine dell'avventura.
Salgo in casa, mi faccio una doccia
e mangio una mela. Mi metto a letto con l’intenzione di guardare un film.
Mi arriva un messaggio, apro gli occhi, sono le 9 di
domenica mattina.
Conclusione: Ho commesso un errore, per la mia voglia di
vivere, di fare, ho dato troppo peso alla mente e al suo obiettivo, perdendo il
cuore e l’anima. Ho commesso anche l’errore di non essere umile con me stesso,
ho chiesto al mio corpo quello che non poteva darmi.
Noi siamo un equilibrio di cuore, mente, anima e corpo. Tutti
e quattro questi elementi sono importantissimi per vivere e godere della vita,
per dare valore alla vita e al qui e ora, il tempo della nostra vita.
L’insegnamento è semplice, non conta la quantità di cose che
si fanno, conta la qualità delle cose che si fanno nella vita. Per voler far
troppo si rischio di perdere il senso e il valore di quello che si fa. La
prossima volta darò ascolto a tutti e quattro gli elementi del mio essere.
Belli il racconto e le riflessioni riguardo tue avventure, anche se un po' caotiche.
RispondiEliminaMente, cuore, anima e corpo, funzioniamo così.
Alla fine, come spesso accade, ci accorgiamo che l'esperienza e la "saggezza" acquisite nel corso degli anni non sono mai abbastanza.
Solo continuando ad apprendere, si cresce veramente.
Un saluto.
Roberto
Grazie Roberto.
EliminaGrandissimo il mio eroe sono xrick
RispondiEliminaCiao Alessandro
RispondiEliminaLetto tutto d'un fiato :)
Trovo tu abbia terribilmente ragione, mi trovo spessissimo a bruciare le tappe per il voler fare perdendomi i momenti belli.
Mio padre,quando ero bimbo,mi portava per funghi nei boschi dietro casa e ci si fermava a fare colazione sempre sotto al solito faggio da cui si poteva ammirare la valle. Ricordo quei momenti e ricordo le lezioni di botanica che mi lasciavano incantato.
Oggi porto le mie bimbe sotto allo stesso faggio e vedo nel loro sguardo lo Stefano di 40 anni fa.
quelli sono i momenti in cui capisco che DOBBIAMO godere di ciò che ci viene offerto
Un abbraccio
Stefano