12 Aprile 2015, poco più di un anno fa.
Dai, fatta!!!
Dai, fatta!!!
Che male, cavolo si è
rotta la spalla, senti come brucia. Non riesco a muoverla. Adesso ci dobbiamo
tirare su, non abbiamo fiato. Stendi il braccio, allunga la mano, prendi la
corda con il fiocco arancione. Se non ci raddrizziamo, non ci tirano giù. Cxxxo
che male. Perché l’abbiamo fatto.
Anche questa è fatta, adesso passa il male. Ancora 2
centimetri e prendiamo la corda… fatto.
Che male, la spalla è
sicuramente rotta.
Goditi che ce l’abbiamo fatto, adesso ci tirano giù. Per il
braccio vedremo. Ok, salvi.
Cxxxo, sbrigati a
toglierci l’imbragatura che vogliamo muovere il braccio e alzaci in piedi…
proprio a noi doveva capitare l’apprendista con l’istruttore. Dobbiamo anche
fare la facci di chi si è divertito.
Ce l’abbiamo fatta!!!! Goditi quello, non è da tutti.
Abbiamo superato la paura di buttarci.
Cxxxo dici. Adesso
goditi tu la scarpinata nel bosco per tornare su. Con i tuoi polmoni non
arriveremo mai al ponte, pensa che figura di mxxxa quando arriverà quello dopo
e ci vedrà svenuti nel bosco… che coxxxxni. Ottimo lavoro, complimenti.
La smetti! Volevamo, dovevamo farlo e l’abbiamo fatto. Ne
avevamo paura, abbiamo affrontato la paura con il coraggio e ci siamo buttati.
E… e cosa abbiamo
dimostrato? Adesso abbiamo sicuramente una spalla rotta, non riusciremo a
salire fino al ponte senza svenire, chiameremo Yara a Houston, e le diremo: “lo
so che già ti sei incazzata perché settimana scorsa mi sono buttato con il
paracadute senza dirti niente ed è andata bene. Oggi invece mi sono buttato dal ponte,
bellissimo, ma… mi sono rotto una spalla.” e lei, giustamente, ci insulterà, ricordandoci la nostra responsabilità sui bambini.
Abbiamo dimostrato che le paure ci sono ma si possono
affrontare con il coraggio, abbiamo dimostrato che i nostri limiti arrivano
dalle nostre paure e che per superarli dubbiamo avere il coraggio di farlo.
E una spalla rotta, il
casino che adesso dovremo affrontare con tutti? Per arrivare a casa dobbiamo
fare 200 chilometri, ma con la spalla rotta come facciamo?
Chi ha detto che la spalla è rotta? Fa male ma forse si è
solo slogata o stirato il muscolo. A casa ci arriviamo, abbiamo le marce automatiche e
useremo il sinistro, se ci farà ancora male la spalla andremo al pronto soccorso. Goditi l’aver fatto una cosa speciale e passo dopo passo
arriveremo al ponte, poi alla macchina e alla fine a casa.
Lo sai che tutti
diranno che abbiamo fatto una caxxata, Yara, la Mamma, molti in ufficio non lo
diranno ma lo penseranno. Hanno ragione, alla nostra età cosa dovevamo
dimostrare? Abbiamo due figli bellissimi e noi abbiamo rischiato la nostra vita
per cosa? Siamo dei coxxxxxni.
E’ tutta la vita che decidiamo cosa fare e cosa non fare, pensando
a cosa dicono e pensano gli altri di noi. Stiamo facendo questa cosa, proprio
perché abbiamo deciso di metterci al centro della nostra vita, decidere noi per
noi. Ricordi?
Siamo stati un bravo figlio, un bravo marito, un bravo capo,
perché abbiamo sempre deciso per quello che gli altri si aspettavano da noi.
Non volevamo deluderli, guidavamo la nostra vita secondo i loro valori.
Ricordi?
Ci abbiamo messo 43 anni a capirlo ma adesso lo abbiamo
capito. Non voglio passare il resto della mia vita a buttarmi dai ponti, questo
è un momento di rottura, soprattutto per imparare ad affrontare le paure con il
coraggio, le paure che la malattia ci ha lasciato, ma anche perché dobbiamo
fare quello che vogliamo “noi”, dobbiamo metterci al centro della nostra vita,
anche se in questo momento con scelte estreme.
Non vuol dire egoismo, tutt’altro, vuol dire consapevolezza
che nessuno può veramente decidere per il nostro bene, perché nessuno ci
conosce veramente. Non ci conosciamo noi, come possiamo pensare che ci conosca
qualcun altro. Conoscerci, nel senso di sapere cosa ci fa veramente felice.
Chi scegli per noi, usa i suoi valori, usa i suoi parametri
per decidere cosa è bene e male per noi ma i suoi parametri non sono i nostri.
Oltre al fatto che comunque qualsiasi cosa abbiamo fatto non
è mai andata bene veramente agli altri. Per gli altri, non siamo stati un bravo
figlio, un bravo marito e un bravo capo quanto avrebbero voluto. Perché le persone valutano i fatti
degli altri, le proprie intenzioni e vorrebbero un mondo perfetto. Lo facciamo anche noi ma ne abbiamo preso coscienza e
cerchiamo di superare anche questo limite delle intenzioni e fatti.
Ma perché lo vuoi
fare? Perché vuoi metterci al centro? Io stavo bene in quella vita, anzi,
abbiamo vissuto senza porci il problema della scelta. Sceglievamo in base a
quello che volevano e si aspettavano gli altri da noi. Decidere è difficile e
se lo facciamo noi, dobbiamo anche assumerne la responsabilità. Quando le cose
andavano bene, eravamo tutti felici e quando andavano male, avevamo anche la
bella scusa che non era colpa nostra ma di tizio o caio che “ci aveva fatto
scegliere quella cosa”. Facile, nessuna fatica nello scegliere, nessuna
responsabilità e in più facevamo anche felici gli altri.
Ok, se ti va bene non vivere, ma la malattia ci ha fatto
capire, con l’evidenza che dobbiamo morire, che siamo nati per vivere e vivere
vuol dire scegliere e fare, scegliere per noi e fare. Se non scegliamo per noi,
vuol dire non vivere la nostra vita ed è quello che noi abbiamo deciso di non volere.
Sì, prima era molto più facile, vivere senza scegliere per
noi è molto più facile. Ci evita di capire veramente cosa vogliamo dalla nostra
vita e soprattutto ci toglie la responsabilità della scelta fatta. E’ quello che
fanno moltissime persone. Scelgono secondo quello che è giusto per la società,
giusto per gli altri, senza riflettere su cosa vogliono veramente, e poi se le
cose vanno male è colpa di qualcuno altro. Meglio di così? Zero fatica, zero
responsabilità. Peccato che alla fine siamo tutti tristi, incazzati e
demoralizzati. Peccato che alla fine non viviamo, ci lasciamo vivere…
Gran bei discorsi, ma
parliamo della spalla, della salita, del tornare a casa, di quello che dirà
Yara e la Mamma. Non dovevamo buttarci! Io me lo sentivo che sarebbe andata
male. Ci sarà stato un motivo se le ultime due cifre dei chilometri sul
cruscotto, quando abbiamo parcheggiato, erano 1 e 3… 13, ci sarà stato un
motivo se al posto di buttarci alle 12.30 come da programma, ci siamo buttati
alle 13.20… 13. Tutto diceva che non dovevamo farlo. Ti ricordi la nostra
vocina cosa ci ha detto quando l’istruttore ci ha detto “metti fuori le punte
dei piedi” e noi abbiamo guardato giù? Ci ha detto “Alessandro cosa cxxxo stai
facendo?” e noi che non l’abbiamo ascoltata e ci siamo buttati.
Non ci siamo schiantati, quindi è andato tutto bene. Ce
l’abbiamo fatta. La spalla guarirà. Con calma, passo dopo passo,
respiro dopo respiro, mettendoci tutto il tempo di cui avremo bisogno, saliremo
fino al ponte. Lasceremo che Yara e la Mamma, e tutto gli altri, dicano quello
che vogliono. Se ci vogliono bene e ascolteranno a cuore aperto i motivi per
cui ci siamo buttati, ci capiranno e continueranno a volerci bene. Se non sarà
così, il problema è loro non nostro. Il discorso “dei segni”, del 13 e tutto il
resto, è solo legato a quello a cui da attenzione il nostro cervello in
determinati momenti. Ogni istante della nostra vita, veniamo sottoposti a milioni di informazioni e il nostro cervello decide di elaborarne ed evidenziarne
solo alcune. Quando compriamo una macchina nuova, per qualche settimana non
vediamo che quel modello, sembra che tutti abbiamo comprato la nostra stessa
macchina. Quando ti nasce un figlio, camminando per la città vedi solo carrozzine
e mamme in cinta. Tutto il mondo ha deciso di fare figli quando l’ho hai fatto
tu. Non è così, è il nostro cervello che sta evidenziando solo determinate cose
di tutto quello che vede. Se viviamo un momento di dubbio e paura, come quello
che abbiamo vissuto prima di lanciarci, il nostro cervello ci evidenzia tutta
una serie di segni per spingerci a non fare quella cosa. Per lui la paura è
sopravvivenza, è evitare un pericolo. Per questo che abbiamo bisogno del
coraggio per sbloccare il nostro cervello e superare la paura. La paura è un
valore positivo, per milioni di anni è stato il nostro strumento principale di
sopravvivenza. Senza paura ci saremmo fatti sbranare dalle belve, ci saremmo
bruciati con il fuoco e ci saremmo buttati dai dirupi… Il 13 è si un segnale, è
il segnale che abbiamo paura di qualche cosa e che per superarla abbiamo
bisogno del coraggio per farlo. Se affronti la vita con positività, ti accorgerai che il tuo cervello inizierà a evidenziarti un sacco di cose " fortunate".
Sembra che la cosa più importante per te sia cosa dicono e pensano
gli altri di noi? Lo so che abbiamo bisogno di una nostra identità sociale, che
quello che dicono gli altri ha un peso su di noi ma prima di tutto ci deve
interessare quello che NOI diciamo e pensiamo di NOI, e solo dopo, ci deve interessare quello che
gli altri dicono e pensano di NOI. La vita è la nostra. Abbiamo deciso di metterci al centro della nostra vita e lì
dobbiamo restare. Accettiamo che gli altri possano pensare che stiamo facendo una cosa sbagliata ma andiamo avanti con le nostre convinzioni. Questo non solo per il fatto che ci siamo buttati da un ponte, questo per tutto quello che faremo nella vita.
Ti ricordi cosa abbiamo deciso qualche settimana fa? Abbiamo
deciso che quello che facciamo e faremo, lo facciamo e faremo per cercare di
dare un mondo migliore a Xander e Kiki. Abbiamo deciso di dedicare la nostra
vita a questo. Il “nostro” agire qui e ora per “un mondo migliore per loro”. Per
far questo abbiamo deciso di partire dal cercare di trasmettergli i nostri
valori e sappiamo che se non siamo noi i primi ad applicarli, non saremo mai credibili e non potremo trasmetterli. Più che ascoltare, loro vedono cosa
facciamo. Quindi non possiamo agire secondo i valori degli altri. Se vogliamo che
siano felici, dobbiamo per primi noi agire per essere felici. Se vogliamo che decidano
loro per la loro vita, e non seguano invece quello che gli dice la società, gli
dicono gli amici e noi stessi, dobbiamo essere i primi noi a metterci al centro
delle nostre decisioni. Ti ripeto, che mettersi al centro, decidere noi della
nostra vita, non vuol dire essere egoisti, vuol dire decidere con i nostri
valori, secondo quello che per noi è giusto e soprattutto prendendoci la
responsabilità di quello che facciamo, mettendoci al centro del nostro
cambiamento.
Belle parole e nei
fatti!
Direi che buttarsi da un ponte, possiamo definirlo un fatto
o sbaglio? E guarda che siamo arrivati in cima al ponte, e siamo a due fatti. Quando arriveremo a casa, a tre.
Cambiare la nostra vita, vuol dire semplicemente cambiare un
fatto dopo l’altro… il difficile è il primo passo e forse per noi è stato
fregarcene della vocina che ci diceva “Alessandro che cazzo stai facendo!”
Fiato sospeso...riflessione. .gioia e coraggio...buona serata amico.
RispondiEliminaSolo noi possiamo sapere quali sono le scelte "giuste per noi". E come dici tu questo non significa affatto essere egoisti, anzi.
RispondiEliminaChi ci sta vicino spesso, proprio perché cerca di proteggerci, inconsciamente cerca di trattenerci nella nostra area di confort credendo che sia la cosa più giusta, il modo per farci stare al sicuro; e ovviamente lo fa con le migliori delle intenzioni.
Ma noi sappiamo bene che per crescere, per affrontare le nostre paure, per migliorare dobbiamo per forza uscire dalla zona di agio e metterci alla prova.
Quindi ben vengano nuovi lanci, nuovi ponti ed anche qualche " ferita".
Davide
grazie Davide...
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